Capizzi
Prov. Messina; Alt. 1.100 m; Sup. 69,90
km2; Ab. 3.511
Municipio: Piazza Umberto I, tel. +39 0935 930011
Notizie generali.
Le origini di Capizzi sono
antichissime. L’etimo, secondo il Larcan, potrebbe significare "vertice" proprio
per la sua struttura urbana attorno e sulla cima del monte Verna. Durante il
periodo romano il territorio di Capizzi fu completamente disboscato per
estendere la coltura granaria. Particolarmente florida in tale periodo, Cicerone
la appellò "Urbs Capitina". Al periodo bizantino si fa risalire il castello e la
chiesa di S. Nicolò il grande, mentre sono ormai scomparse le chiese di S.
Sofia, di S. Zaccaria e di S. Nicolò dei Greci. Capizzi fu città demaniale e, in
quanto tale, aveva il suo rappresentante nei Parlamenti e nelle Curie Generali.
Vantava gli attributi specifici per mantenere tale condizione: possedere le
reliquie del santo patrono e fregiarsi di un appellativo acquisito per meriti
particolari. Capizzi, infatti, ebbe il titolo di "Città Aurea". Durante la
reggenza di Pietro II d’Aragona (1337-1341) fu edifìcata la chiesa di S. Giacomo
Apostolo Maggiore e fu concesso un "emporio in luglio di ogni anno". Con la
nascita del nuovo edificio di culto si accesero aspre lotte per il matriciato
tra la antica chiesa di S. Nicolò e la nuova che fu edificata in un quartiere di
più recente urbanizzazione assorbendo parte di un antico convento di Domenicani.
Dopo la morte di Pietro II d’Aragona, Capizzi passò dalla condizione di demanio
a baronia. Fu concessa prima a Blasco d’Aragona, poi a Francesco Polizzi e,
infine, a Bernardo Spadafora nel 1361. Tornò alla regia potestà sotto il regno
di Maria d’Aragona dopo un trentennio e, infine, fu concessa ad Ugone Ballo o De
Ballis. Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, una grave crisi
economica determinò una massiccia emigrazione. Il primo conflitto mondiale privò
il paese di altre risorse depauperando il già fragile e precario sistema
economico. Oggi le attività principali sono l'agricoltura (ciliegie, castagne,
mandorle e grano) e l'allevamento di bovini e ovini. (Marianna Fascetto)
Alcune notizie citate nella Guida alla Sicilia jacopea.
Nel 1431 il nobile Sancio de Heredia custodì a Capizzi una reliquia consistente
in una giuntura del dito di S. Giacomo. Capizzi acquistò, così, un grande
prestigio, ma nel 1435 lo stesso Sancio fu costretto a trasferire la reliquia
nella cattedrale di Messina per ordine di Alfonso il Magnanimo. Il drastico
provvedimento provocò l’inevitabile protesta della popolazione che ancora oggi
ricorda lo storico episodio durante la fase culminante della processione di S.
Giacomo che si svolge il 26 Luglio di ogni anno. In questa occasione, infatti,
il fercolo, giunto nella piazza dei Miracoli, è scaraventato contro la parete di
una casa. L’asse sinistro del pesantissimo fercolo che poggia sulle spalle dei
portatori, colpisce ripetutamente il muro fino ad abbatterlo.